Si tratta di un breve sutra che compare nel Canone buddhista cinese al volume 2 numero 131; la cui traduzione è attribuita ad An Shigao (seconda metà del II secolo), ma negata dai recenti studi. Il linguaggio e lo stile sono tipici delle più antiche traduzioni in cinese, benchè non ci sia alcun testo parallelo in sanscrito o in altre lingue dell’India. Il senso del sutra è molto chiaro: non c’è alcuna tecnica o luogo che possa far sfuggire alla morte fisica, quindi occorre solo praticare il Dharma!
Protagonisti sono quattro brahmana-rishi; brahmana è reso in cinese con: poluomen; i rsi/rishi, i saggi indiani semidivini, con xianren, vocabolo che indica gli Esseri Immortali dell’antica tradizione daoista, ma che all’epoca era la traduzione più comprensibile per i lettori cinesi.
La ricerca dell’immortalità è un antico mitema che forse ebbe origine in India e trovò grande sviluppo in Cina (e compare anche in raccolte di fiabe recenti come Il paese dove non si muore mai nella raccolta Fiabe italiane di Italo Calvino ed. Einaudi, 1956, rist. Mondadori 1968 e 1993, fiaba n° 27).
In questo testo si potrebbe vedere una critica alle pratiche della tradizione daoista cinese per ottenere l’immortalità del corpo che, oltre ad essere impossibile – come recitano i versi finali del Buddha – è anche, dal punto di vista del Dharma, incompatibile con la realizzazione dell’Illuminazione e l’uscita dal samsara.
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«Così ho udito. Un giorno il Beato soggiornava a Sravasti nel parco delle gazzelle. In quell’occasione si rivolse ai monaci: “[Oh bhiksu!] Un tempo vi erano quattro brahmana-rishi zelanti e radicati nei buoni dharma e dotati dei cinque abhijña [conoscenze sovramondane che hanno acquisito buddha, bodhisattva e arhat], i quali [tuttavia] erano in timore costante della morte. Allora, i quattro brahmanarsi, zelanti e radicati nei buoni dharma e dotati dei cinque abhijña, fecero questo pensiero: ‘In quale luogo dovremmo dimorare per persistere eternamente nel mondo?’.
Tra loro vi era un brahmana, zelante e radicato nei buoni dharma e dotato di cinque abhijña e perfezioni divine, che si recò nel cielo (spazio) [ritenendo] che colà non vi fosse morte. [Ciononostante] in seguito, la sua vita giunse al termine.
Un secondo brahmana zelante e radicato nei buoni dharma e dotato dei cinque abhijña, temendo di morire entrò nel grande mare pensando: ‘qui nel grande mare non troverò la morte’ ma anche egli, in seguito, perse la vita.
Il terzo brahmana, zelante e radicato nei buoni dharma e dotato dei cinque abhijña e di grandi poteri, temendo la morte entrò nel ventre delle montagne, eppure la sua vita giunse al termine.
L’ultimo brahmana, zelante e radicato nei buoni dharma, dotato dei cinque abhijña e grande potere, per fuggire la morte entrò nella terra pensando: ‘colà otterrò di non morire’, ma [anche] la sua vita infine terminò.
Il Beato, per mezzo del puro occhio divino e infallibile, vide i quattro brahmana, zelanti, radicati nei buoni dharma, dotati dei cinque abhijña e di grande poteri che temevano la morte: quello che giunse nello spazio e poi perse la vita; quello nel grande mare che poi perse la vita; quello nel ventre delle montagne che perse la vita; quello nella terra che in seguito perse la vita e in quell’occasione, in merito ai quattro brahmana, zelanti e radicati nei buoni dharma e dotati di abhijna e grande potere, il Beato pronunciò i seguenti versi:
Non nello spazio, non nel mezzo del mare,
non sotto la roccia delle montagne,
non v’è un luogo in tutta la terra
che sottrae l’uomo alla sua fine.”
Allora l’assemblea di bhiksu, avendo udito le parole del Buddha, provò gioia e praticò con diligenza.»
Traduzione di Nicola Bianco
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Sutra dei Brahmana per evitare la morte
Grazie infinite